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Come scrivere una storia horror: 5 consigli per aspiranti scrittori

Dopo che è uscito il mio primo romanzo, La memoria delle ceneri, scritto con il mio amico Simone Valtorta e pubblicato dalla casa editrice La Torre dei Venti nella collana Ostro, molti mi hanno chiesto dei consigli su come scrivere una storia horror.

In due articoli precedenti, come scrivere un romanzo horror e come scrivere un racconto horror, avevo già parlato del genere horror, ma per chi scrive è sempre utile approfondire.

Il genere horror risale agli antichi racconti popolari incentrati su streghe, spiriti maligni e ogni sorta di creature malefiche.

Che tu tragga ispirazione dal folklore o da leggendari scrittori horror come Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft e Stephen King, puoi trovare ottimi punti di riferimento su come scrivere una storia horror.

Cos’è l’orrore?

L’horror è un genere di narrazione che attinge all’emozione della paura.

La scrittura horror a volte è classificata all’interno della più ampia categoria di thriller, ma non tutto l’horror segue la struttura del thriller.

La narrativa horror classica, espressa come romanzo, racconto o film, attingerà ad argomenti che spaventano in modo sostanziale la maggior parte degli esseri umani.

I temi più comuni includono fantasmi, lupi mannari, vampiri, zombi, serial killer, assassini e la paura dell’ignoto.

Questi tropi dell’orrore possono spesso trasformarsi in cliché.

Uno svantaggio della popolarità dell’horror è che molti libri e film dell’orrore riciclano vecchi contenuti in modi non creativi.

Ma se si esce dagli schemi pre-costituiti, le storie dell’orrore possono entusiasmare il pubblico.

Come scrivere una storia horror: 5 consigli per padroneggiare il mestiere

Se stai cercando di affrontare il genere horror, farai bene a considerare alcuni punti chiave.

Come in tutti gli ambiti della scrittura creativa, anche per quanto riguarda lo scrivere una storia horror non ci sono regole fisse

Una grande storia dell’orrore può essere di qualsiasi lunghezza e affrontare qualsiasi argomento.

Eccone alcuni preziosi consigli per aiutarti a iniziare a scrivere una storia horror:

1.Leggi altro horror. Non c’è modo migliore per capire che aspetto ha una buona storia che leggerne una tu stesso.

I maestri universalmente acclamati dell’horror sono Poe, Lovecraft e King, ma l’elenco non si ferma qui.

Altri autori noti sono Shirley Jackson, Dean R. Koontz e Robert Bloch.

John Bellairs e R.L Stine.

2. Ricorda che l’horror può trascendere i confini del genere.

Molti scrittori contemporanei, inclusi Joyce Carol Oates, Chuck Wendig e Neil Gaiman- non si limitano all’horror, ma spesso intrecciano diversi generi narrativi.

3. Concentrati sulle tue paure. Proprio come la commedia, l’horror beneficia dell’autenticità. Nei saggi sulla scrittura, Stephen King ha scritto di come scrivere lo abbia aiutato a superare una lunga serie di paure personali; il suo know-how nasce dall’esperienza.

Quindi diventa personale: se riesci a spaventare te stesso, probabilmente puoi spaventare un pubblico.

4. Crea personaggi tridimensionali.

Tutta la buona letteratura e il cinema contengono personaggi ben strutturati con desideri, emozioni e una storia passata. Più umani rendi i personaggi della tua storia o sceneggiatura, più i loro passi falsi e le loro scelte sbagliate rimarranno impressi nel pubblico.

5. Riconosci che il reale può essere più spaventoso del surreale.

Certo, puoi creare un esercito di cattivi dagli occhi finti o piantare una testa mozzata nel letto del tuo personaggio principale, ma spaventerai davvero il tuo lettore?

Non necessariamente.

Nella maggior parte dei casi, l’horror psicologico rimane con il pubblico molto più a lungo di uno spavento o di un momento disgustoso in un film splatter.

C’è una ragione per cui il pubblico non poteva smettere di parlare di film come The Blair Witch Project e Paranormal Activity, entrambi senza sangue sparso.

Giocare con le paure della vita reale delle persone tende a spaventarle molto di più che disgustarle per un attimo con una scena splatter.

Come scrivere una storia horror: la mia esperienza con La memoria delle ceneri

La memoria delle ceneri è un romanzo che ho scritto a quattro mani con il mio amico Simone Valtorta. È il risultato di cinque anni di lavoro, revisioni, riscritture anche profonde, tanto che chi leggesse la prima e l’ultima versione dell’opera, si troverebbe di fronte a due storie completamente diverse.

Di che cosa parla?

L’alterazione della realtà e l’introduzione di elementi sovrannaturali che alimentano, fino all’ossessione, le paure più recondite dell’essere umano lo caratterizzano come romanzo dell’orrore, mentre i temi dell’incombenza della morte, della maledizione, dell’odio finalizzato alla vendetta, e i richiami alle cabale di estrazione religiosa, mettono in risalto l’appartenenza a un filone neogotico.

I temi affrontati in modo diretto, quali la tragedia della Shoah e il principio che l’odio genera altro odio, rendono il testo adatto a una lettura da parte di un pubblico di adulti ma anche di giovani.

La storia si ambienta nei primi anni Ottanta in una Parigi cupa e funerea, ben diversa dalla «ville lumière» a cui siamo portati a immaginare, ma la vicenda affonda le sue radici in un passato più remoto, precisamente nella deportazione degli Ebrei Parigini nei campi di sterminio nazisti fatta dalla gendarmeria francese nel 1942, probabilmente sotto la pressione degli occupanti tedeschi.

È un fatto storico ancora poco conosciuto, che ha provocato la quasi totale uccisione dei 13.000 Ebrei rastrellati (tutti di nazionalità non francese).

Solo su due punti ci siamo discostati dalla realtà storica, per esigenze di narrazione: sul fatto che tra i soli 111 superstiti ci fosse stata anche una bambina (nessun bambino tornò indietro dai campi di prigionia) e sul fatto che nel 1982 ci fosse una persona con conoscenze così approfondite sul fatto (fino a una ventina di anni fa era stato del tutto taciuto, perché non metteva in buona luce le molte persone che erano rimaste indifferenti o avevano addirittura collaborato).

Lo stesso titolo, La memoria delle ceneri, rimanda sia alla «Giornata della Memoria», sia alle ceneri degli Ebrei bruciati nei forni crematori dei lager.

Su questa Parigi, stretta nel gelo invernale, una città in cui si mescolano luoghi reali e luoghi inventati, eventi realmente accaduti ed eventi di fantasia, incombe la forza sovrannaturale del Devastatore, citato anche nella Bibbia: un essere colmo di una malvagità assoluta, che proviene dal passato e che si nutre di odio.

Una minaccia rimasta nascosta per decenni sta per svelarsi, per dare il via a una serie di eventi sanguinosi di cui nessuno potrà comprendere la reale portata, fin quando non sarà forse troppo tardi per fermarli.

Il romanzo è stato concepito come un intrigante enigma che deve essere risolto passo dopo passo, mettendo in ordine tutti i tasselli: una corsa tra le vittime e il predatore, la cui posta è la vita e, forse, anche la salvezza dell’anima.

Una sorta di giallo «classico», deduttivo, dove la spiegazione mette in scena il soprannaturale, ma dove ogni cosa deve avere una sua ragione e una sua logica: nulla viene lasciato al caso.

Così, anche se l’amore – declinato in ogni suo aspetto – è onnipresente in quasi ogni pagina del libro (un amore di volta in volta passionale, contrastato, romantico, malato o finalizzato solo al piacere fisico), non esiste nessuna scena propriamente erotica: non ce n’era bisogno.

Persino le scene macabre o «raccapriccianti», che pure ci sono (altrimenti non sarebbe un horror), non prendono mai il sopravvento sulla parte dell’«indagine» e non sono mai fini a se stesse, ma sono elementi essenziali della narrazione, una sorta di «ingranaggi» che permettono alla macchina di funzionare in modo corretto.

Interessante è anche il tema del Male: esso è un’entità reale, che si aggira nel mondo.

Ma non ha poteri in sé, se non quelli che noi stessi gli concediamo: per agire, ha sempre bisogno della mediazione dell’uomo.

Non era una cosa voluta, nel senso che questa visione non era stata pensata mentre scrivevamo il libro: si è imposta da sé, e ce ne siamo accorti solo molto dopo che il libro era stato terminato, così da avvalorare la visione «poetica» – ma non troppo – che, in fondo, ogni romanzo ha una sua vita propria, e quasi una sua propria volontà.

Non potevamo far altro che accettarla.

Un libro complesso, dunque, ma anche scorrevole nella lettura e ricco di colpi di scena, percorso da una sottile vena ironica: un romanzo, speriamo, che potrà appassionare sia i cultori del genere neogotico, sia coloro che si avvicineranno per la prima volta a questo tipo di letteratura.

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